Bereshit

Nella scorsa lezione, abbiamo visto il primo racconto della creazione, oggi andremo a vedere il secondo racconto della creazione che, sebbene più recente, fu inserito al primo capitolo della genesi. 

Il libro della Bibbia inizia con questa frase: "In principio Dio creò il cielo e la terra". Per comprendere queste parole e più in generale questo racconto, dobbiamo tornare al periodo storico in cui è stato scritto. Dobbiamo tornare al tempo dell'esilio babilonese. Abbiamo già visto la desolazione che portarono i babilonesi a Gerusalemme. Se vi ricordate, Nabucodonosr II distrusse il Tempio, che per gli ebrei era la cosa più preziosa, la "gioia degli occhi". Le domande che nacquero nel cuore degli esiliati erano: dove possiamo trovare Dio ora che il Tempio è stato distrutto? Dove possiamo pregarlo?  

Gli ebrei esiliati potevano abbandonarsi alla disperazione e alla rabbia, invece hanno reagito e sono stati capaci di rimodulare la loro fede in JHWH. 

 Fu proprio durante l'esilio che nacque un nuovo luogo di culto per gli ebrei: la sinagoga, un posto dove gli ebrei potevano riunirsi per pregare e leggere i libri sacri. 

Ma torniamo al racconto della creazione. Gli ebrei chiamano questo racconto, insieme alla prima parte della Genesi "Bereshit" che significa principio. La prima lettera ebraica della Bibbia è una "bet" che è come una c al contrario

L'ebraico non si legge da sinistra a destra come la nostra scrittura, ma da destra a sinistra, quindi la lettera "bet" è aperta in avanti e con questo, gli ebrei volevano insegnare che nonostante l'episodio riguarda una storia passata, esso ci illumina sul nostro presente e ci spinge a guardare al futuro. 

In effetti il racconto della creazione non vuole informarci su come Dio abbia creato il cielo, la terra e l'uomo, ma piuttosto, vuole far luce sulla situazione che stanno vivendo gli ebrei, quella cioè della deportazione a Babilonia. Se ci pensiamo bene, questo racconto può illuminare anche la vita delle persone del nostro tempo. Andiamo a vedere perché. 

https://www.youtube.com/watch?v=xsZdQePY8CU

L'autore Biblico imposta il suo racconto secondo lo schema settimanale. Il numero sette nella bibbia indica perfezione. Solo Dio però è perfetto, pertanto se i giorni della settimana sono sette, vuol dire che essi sono pieni della presenza di Dio. 

Già questo è un fatto straordinario per gli ebrei del VI secolo, abituati credere che Dio risiedeva nel Tempio. 

In questo racconto l'agiografo vuole far capire che le cose del mondo non sono delle divinità, come tanti pensavano ma sono opere di Dio. Le religioni del tempo, credevano che dietro ogni cosa creata c'era una divinità buona o cattiva. La rivoluzione del racconto biblico consiste nel ritenere ogni cosa come una creatura e non come una divinità. Anzi di più. Alla fine di ogni giorno, la Bibbia descrive Dio mentre contempla la sua creazione e aggiunge che tutta la creazione è buona. Con questa descrizione, l'autore biblico vuole dire che ogni cosa che esiste è buona, il male non si trova nelle cose create, ma è una scelta dell'uomo. 

Il racconto fa vedere Dio che comanda con la sua parola l'esistenza delle cose: dalla luce all'uomo. 
L'ordine e la visione del mondo è quella tipica dell'ebraismo antico, ecco un disegno esplicativo. 




L'uomo - dice il Talmud - fu creato per ultimo, come monito alla sua umanità: si guardi dall'essere presuntuoso e ricordi di essere stato creato addirittura dopo la zanzara!

La creazione dell'uomo è molto significativa: 

Dio disse:
'Facciamo l'uomo:
sia simile a noi, sia la nostra immagine.
Dominerà sui pesci del mare,
sugli uccelli del cielo,
sul bestiame,
sugli animali selvatici
e su quelli che strisciano al suolo'.
Dio creò l'uomo simile a sé,
lo creò a immagine di Dio,
maschio e femmina li creò.


La descrizione che fa dell'uomo il racconto della Genesi è meraviglioso. Esso è simile a Dio, quasi una copia, ogni uomo rappresenta Dio. Esso è stato creato a immagine del creatore e nella sua vita dovrà fare in modo di somigliargli sempre di più. Tanto più l'uomo si comporterà come Dio tanto più gli assomiglierà. 

L'uomo è quindi un rappresentante di Dio sulla terra dovrà custodire in modo armonico la creazione. Dio l'affida all'uomo, ma l'uomo non dovrà dimenticare che il Signore è solo Dio, egli è un suo ambasciatore. 

Se nelle varie culture orientali, solo alcuni uomini potevano vantarsi di essere come Dio (per esempio i re, i faraoni), la Bibbia riporta tutti sullo stesso piano, non abolendo la divinità dell'uomo, ma aprendola a tutti. Ogni uomo allora è portatore di un'enorme dignità, tutti però sono uguali, non esiste un uomo più importante di un altro. 

Dopo questo capolavoro che la Bibbia descrive come "molto buono", il racconto si conclude con il settimo giorno, cioè con lo shabbat (il sabato): 

    
"Così furono portati a compimento il cielo e la terra e tutte le loro             schiere. Allora Dio, nel settimo giorno portò a termine il lavoro che aveva        fatto e cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro. Dio benedisse il settimo     giorno e lo consacrò, perché in esso aveva cessato da ogni lavoro che egli     creando aveva fatto". 

Tutto il racconto tende verso questo giorno. Se il sabato Dio si è riposato, allora l'uomo dovrà fare lo stesso. Con questo gli ebrei del tempo volevano creare un nuovo modo di incontrare Dio. Siccome che il Tempio non c'era più, allora il modo per incontrare Dio diventa il riposo del sabato. In questa maniera rimodulano la loro fede, rigenerando il modo di essere ebrei in un paese straniero. 


Questo sguardo così profondo, non ha illuminato solo i deportati, ma anche ogni uomo. Infatti il racconto non vuole dirci come Dio ha creato la terra e l'uomo, ma perché Dio li ha creati. E la risposta la possiamo trovare nel ritornello che torna alla fine di ogni giorno: "vide che era cosa buona", cioè: crea tutto questo per puro amore e a ben pensarci, anche il sabato lo crea per amore dell'uomo. Lo crea come dono all'uomo, perché con il riposo si ricordi di essere un dio creato e non si riduca ad essere un macchina o un animale che produce e consuma. 

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