Il racconto biblico della creazione dell'uomo e della donna

Quando il Signore Dio fece la terra e il cielo, nessun cespuglio campestre era sulla terra, nessuna erba campestre era spuntata - perché il Signore Dio non aveva fatto piovere sulla terra e nessuno lavorava il suolo e faceva salire dalla terra l'acqua dei canali per irrigare tutto il suolo -; allora il Signore Dio plasmò l'uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l'uomo divenne un essere vivente.
Poi il Signore Dio piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi collocò l'uomo che aveva plasmato. Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare, tra cui l'albero della vita in mezzo al giardino e l'albero della conoscenza del bene e del male. Un fiume usciva da Eden per irrigare il giardino, poi di lì si divideva e formava quattro corsi. Il primo fiume si chiama Pison: esso scorre intorno a tutto il paese di Avìla, dove c'è l'oro e l'oro di quella terra è fine; qui c'è anche la resina odorosa e la pietra d'ònice. Il secondo fiume si chiama Ghicon: esso scorre intorno a tutto il paese d'Etiopia. Il terzo fiume si chiama Tigri: esso scorre ad oriente di Assur. Il quarto fiume è l'Eufrate.
Il Signore Dio prese l'uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse.
Il Signore Dio diede questo comando all'uomo: «Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma dell'albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, quando tu ne mangiassi, certamente moriresti».
Poi il Signore Dio disse: «Non è bene che l'uomo sia solo: gli voglio fare un aiuto che gli sia simile». Allora il Signore Dio plasmò dal suolo ogni sorta di bestie selvatiche e tutti gli uccelli del cielo e li condusse all'uomo, per vedere come li avrebbe chiamati: in qualunque modo l'uomo avesse chiamato ognuno degli esseri viventi, quello doveva essere il suo nome. Così l'uomo impose nomi a tutto il bestiame, a tutti gli uccelli del cielo e a tutte le bestie selvatiche, ma l'uomo non trovò un aiuto che gli fosse simile. Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull'uomo, che si addormentò; gli tolse una delle costole e rinchiuse la carne al suo posto. Il Signore Dio plasmò con la costola, che aveva tolta all'uomo, una donna e la condusse all'uomo. Allora l'uomo disse:
«Questa volta essa
è carne dalla mia carne
e osso dalle mie ossa.
La si chiamerà donna
perché dall'uomo è stata tolta».

Per questo l'uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne. Ora tutti e due erano nudi, l'uomo e sua moglie, ma non ne provavano vergogna. 

https://www.youtube.com/watch?v=D2a-IHT5p6I

Per comprendere il testo, dobbiamo calarci nel periodo storico in cui è stato scritto. Non possiamo leggere questi testi antichi con la nostra cultura, ne tantomeno con le nostre conoscenze scientifiche. 

Innanzitutto dobbiamo dire che qui non c'è nulla di scientifico né di storico, chi vuole leggere questi racconti come dei testi scientifici o storici è completamente fuori strada. 

Per leggere questi scritti, ci serviremo di un metodo: il metodo storico critico, attraverso il quale cercheremo di comprendere il messaggio che gli autori volevano lanciare. 

Per iniziare è bene comprendere qual era l'ambiente culturale di quell'epoca. Abbiamo visto - per esempio - quando abbiamo trattato la religione babilonese, il mito della creazione, il quale attribuiva a Marduk la creazione dell'uomo. Se ricordate, Marduk crea l'uomo plasmandolo dall'argilla (o creta rossa). A ben vedere, anche nel racconto biblico, Dio plasma l'uomo con la terra.. La Bibbia paragona tante volte Dio a un vasaio, perché? 

Gli antichi cercavano il significato, il senso delle cose e della vita. L'uomo dopo la morte, torna ad essere terra, da qui nasce l'idea che esso è fatto di terra. A fare l'uomo è stato Dio che come un vasaio l'ha plasmato. 

Il lavoro del vasaio si adattava molto bene al discorso religioso, perché dalla terra esso realizza qualcosa di bello e buono, qualcosa che senza le sue mani sarebbe impossibile a trovarsi. Così Dio ha plasmato l'uomo con le mani. 

Quella di un Dio vasaio pertanto è un'analogia che serviva a spiegare la realtà dell'uomo: esso è stato creato da Dio con della terra e come un vaso, anche l'uomo è la realizzazione più bella che è uscita dalla mani del creatore eppure, proprio come ogni vaso, l'uomo è talmente fragile che basta poco per romperlo. 

Addentriamoci ora all'interno del testo biblico e cerchiamo di capire cosa vuole insegnare. Questo racconto venne scritto intorno al X sec. a.C. al tempo di Davide e Salomone. Durante l'esilio poi venne inserito all'interno della Genesi come secondo racconto della creazione. Il primo racconto infatti, quello che descrive la creazione in sette giorni, è stato redatto durante la cattività babilonese.  

Andiamo ora a inquadrare alcuni termini che ci faranno entrare nell'insegnamento di questo racconto





Ruah: soffio di Dio. Dopo aver plasmato l'uomo, il Signore soffiò nelle sue narici. Questo aspetto è originale per gli orientali. L'idea del vasaio era in comune ma quella del soffio divino è tipicamente ebraica. L'idea parte dal fatto che "fin quando c'è respiro c'è vita". Per vedere se una persona incosciente era ancora in vita si vedeva se nelle sue narici c'era ancora il soffio. Tuttavia qui potremmo vedere anche qualcosa che va piú in profondità del dato biologico. L'uomo porta in sé il soffio di Dio o per meglio dire il suo spirito. La persona umana pertanto non è solo un corpo ma anche spirito, anzi potremmo dire di più: egli è un dio creato. 

Eden: giardino. Da un luogo desertico, quindi sfavorevole alla vita, Dio pone l'uomo in un giardino in un luogo cioè favorevole alla vita. L'Eden non è un luogo esistito realmente, basta pensare che questo racconto non è storico ma sapienziale. Qual è allora il messaggio che l'agiografo biblico ha voluto lasciare con la descrizione dell'Eden? 



L'albero della vita e l'albero della conoscenza del bene e del male: del primo albero troviamo riferimenti anche in altri miti del medio oriente come nell'epopea di Giglamesh. L'albero della vita è simbolo di immortalità, mentre l'albero della conoscenza del bene e del male è un' originalità biblica. Esso è simbolo della legge morale iscritta nel cuore di ogni persona. È come se ogni uomo conoscesse già ciò che è bene e ciò che è male. Il divieto di mangiare il frutto dell'albero della conoscenza del bene e del male, significa che l'uomo non può cambiare ciò che è bene e ciò che è male. 



Dare il nome: nella terminologia biblica dare il nome ad un'animale o ad una cosa significa possederla. Lo facciamo anche noi quando diamo il nome al nostro animale. 


La creazione della donna
: per la creazione della donna, l'agiografo mette su un racconto affascinante. Dio deve trovare all'uomo un aiuto che gli sia simile. È per questo motivo che plasma gli animali, ma in essi l'uomo non trova nessun aiuto che gli è simile, un essere cioè che è alla sua pari, che sappia guardarlo negli occhi. È a questo punto che Dio fa scendere un torpore sull'uomo. Con questa descrizione l'autore biblico ci vuole dire che Dio sta facendo una nuova creazione alla quale l'uomo non può assistere. Il racconto prosegue con la creazione della donna dalla costola di Adamo, come per dire che essa  è della stessa sostanza dell'uomo. Qui il testo ebraico gioca con i nomi: ish (uomo) e ishah (donna), come se solo con la donna l'umanità è completa.

Roberto Benigni, riporta una bella riflessione del Talmud su questo passo biblico: https://m.youtube.com/watch?v=QgecVoY6gik



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